Smart Readings
La sesta edizione del festival della cultura digitale Modena Smart Life 2021, che si terrà dal 23 al 26 settembre sul tema “Ambienti: digitali, ecologici, sociali”, grazie alla collaborazione con la Società Editrice Il Mulino presenta la nuova rubrica Smart Readings: cinque proposte editoriali che affrontano e approfondiscono i temi di questa edizione.
Smart Readings #1
Nella fine è l’inizio. In che mondo vivremo (Bologna, Il Mulino 2020)
Che cosa ha rappresentato la pandemia per le nostre esistenze, di donne e uomini del nostro tempo? In che modo ha modificato gli ambienti e i contesti sociali, lavorativi e ricreativi in cui viviamo e di cui usufruiamo quotidianamente? Si tratta di domanda ineludibili che attraverseranno, in modo talvolta esplicito, talaltra implicito, tutte le attività che compongono il programma di Modena Smart Life 2021. La pandemia, infatti, ha contribuito a ridisegnare profondamente non solo ciò che facciamo in quanto esseri umani (le nostre attività, le nostre abitudini, i nostri impegni, i nostri passatempi), ma anche ciò che siamo come singoli e come collettività.
Nel loro volume Chiara Giaccardi e Mauro Magatti propongono un’acuta analisi proprio dei cambiamenti innescati dalla pandemia, partendo dal concetto di «catastrofe vitale», un’espressione ossimorica introdotta dall’antropologo Ernesto De Martino nei suoi ultimi scritti. La pandemia, affermano infatti i due autori, è un fenomeno ambivalente: è stato un avvenimento capace di sconvolgere all’improvviso le condizioni di vita della popolazione mondiale (una «catastrofe», appunto), ma al tempo stesso potrebbe consentire di rivolgere uno sguardo nuovo sul mondo, sulle sue dinamiche e sulle sue contraddizioni (per questo, potrebbe rivelarsi «vitale»).
Con la pandemia, scrivono Giaccardi e Magatti, abbiamo scoperto che l’individualismo non è che una pura astrazione concettuale e che in realtà nell’era della globalizzazione le nostre vite sono interdipendenti e strettamente interconnesse da un capo all’altro del mondo. Inoltre, abbiamo preso consapevolezza dei limiti insiti nei nostri modelli economici e di sviluppo e del fatto che la società globale è, per sua natura, una società del rischio, dell’incertezza e della fragilità, in cui è sufficiente un evento apparentemente marginale per innescare un effetto dominio, potenzialmente distruttivo e devastante.
Che fare, dunque, di fronte a questa presa di coscienza? Secondo Giaccardi e Magatti, occorrerebbe non lasciarsi vincere dall’immobilismo e dalla passività, ma mettere in campo atteggiamenti resilienti e trasformativi, che possano condurre a una rigenerazione tanto personale quanto sociale. È pertanto necessario ripensare le forme della mobilità e i modi dell’abitare, soprattutto nei centri urbani, così come è indispensabile governare sagacemente e opportunamente la transizione tecnologica, digitale ed ecologica. È decisivo, poi, dar vita a una nuova organizzazione della vita sociale e dei rapporti tra le persone, che sappia ispirarsi ai princìpi della giustizia, della responsabilità e della cura verso l’altro e verso la natura e che sia meno improntata all’aggressività, allo sfruttamento e alla competizione violenta. Saremo in grado di non lasciarci sfuggire questa potente occasione di riscatto?
Smart Readings #2
Democrazia e sicurezza. Società occidentali e violenza collettiva (Bologna, Il Mulino, 2021)
Qual è lo stato di salute delle nostre istituzioni democratiche? Quali sono le sfide più rilevanti che esse si trovano a dover fronteggiare nel presente e quali quelle che dovranno presumibilmente affrontare nel futuro prossimo? Sempre più spesso, le diagnosi sulle attuali condizioni delle democrazie occidentali sono tutt’altro che rassicuranti. Non di rado, infatti, si parla di crisi della democrazia, la cui tenuta sarebbe messa a rischio da fattori sia interni sia esterni, tra cui l’emergere di rivendicazioni nazionalistiche ed identitarie, l’affermarsi di movimenti terroristici, più o meno organizzati, l’incapacità delle istituzioni politiche di governare i processi economici e finanziari su scala planetaria, l’aggravarsi di derive autocratiche e illiberali, l’imposizione di un crescente individualismo, che rifiuta di riconoscere la centralità del bene comune.
La raccolta di saggi curata da Angelo Panebianco si propone di esaminare uno dei problemi principali delle democrazie d’oggi, ovvero il loro rapporto con la sicurezza, sul piano sia nazionale sia internazionale. Il volume si articola in tre sezioni (intitolate «democrazia e violenza collettiva», «i nuovi conflitti» e «economia, tecnologia, “warfare”»), ognuna delle quali analizza un aspetto specifico di questa macro-questione, combinando competenze e strumenti concettuali derivanti da campi del sapere differenti: scienza politica e sociologia, diritto e filosofia politica, storia del pensiero politico ed economia.
Ciò che emerge dai contributi che compongono la raccolta è la portata delle trasformazioni in atto nel panorama geopolitico mondiale: la transizione verso un sistema multipolare, in cui gli equilibri dipendono da diversi attori; le minacce per la stabilità democratica rappresentate dall’odio su base etnica e religiosa, dal terrorismo transnazionale e dagli attacchi informatici, così come dall’uso ricorrente della forza da parte di singoli Stati nazionali; le ambiguità e le contraddizioni con cui i governi gestiscono i loro confini territoriali, adottando spesso politiche che impediscono o comunque ostacolano la libera circolazione delle persone.
Un altro punto centrale che deriva dalla lettura del libro è l’idea che la violenza – nelle sue forme tanto private quanto collettive – svolga un ruolo tutt’altro che marginale anche all’interno delle stesse democrazie, minandone spesso la stabilità. Senza democrazie solide e fondate sui valori della giustizia sociale e dell’equità, però, non sarà possibile programmare azioni concrete ed efficaci per ridurre le diseguaglianze, per limitare le conseguenze nefaste della crisi climatica e ambientale e per garantire l’accesso delle popolazioni alle risorse necessarie per il loro sostentamento. Gli incontri di Modena Smart Life 2021 saranno un’occasione per discutere e confrontarsi su questi argomenti, che rivestono un’importanza centrale per il mondo in cui viviamo e che riguardano tutti noi in quanto cittadini.
Smart Readings #3
Mobilità sostenibile. Muoversi nel XXI secolo (Bologna, Il Mulino, 2020)
Viviamo nell’epoca dell’ipermobilità. Rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto, nel corso delle nostre esistenze abbiamo la possibilità di usare una pluralità di mezzi di trasporto differenti (dalla bicicletta all’automobile, dal treno all’aereo, fino alla nave) e di percorrere lunghe distanze a una velocità relativamente ridotta. Viaggiamo per i motivi più vari: per raggiungere, magari da pendolari, i luoghi in cui lavoriamo o studiamo, o come turisti per visitare città d’arte o posti di villeggiatura, o semplicemente per incontrare parenti e amici. Nella società globale non solo viaggiano quotidianamente le persone, ma viaggiano anche le merci. Questo ventaglio di opportunità inedite non sempre però si coniuga con scelte che si fondano sul rispetto del territorio e sull’uso di fonti di energia rinnovabili né tiene sempre adeguato conto del significativo e pericoloso impatto che i trasporti hanno sulla società e sulla salute dei cittadini.
Per questo, occorre porre le basi di una nuova cultura della mobilità, che sia anche educazione alla cittadinanza, come mostrano gli incontri organizzati su questo tema nell’ambito di Modena Smart Life 2021 e come sostiene Stefano Maggi nel suo volume Mobilità sostenibile. Muoversi nel XXI secolo (Bologna, Il Mulino, 2020). Dopo aver ricostruito la storia dei trasporti in Italia, ponendo in evidenza come nel nostro Paese abbia assunto già dalla fine dell’Ottocento un ruolo centrale l’uso dell’automobile per il trasporto individuale, Maggi si concentra sulla necessità di dar vita a una mobilità che sia capace di rispondere ai bisogni dell’oggi e che al tempo stesso non trascuri la responsabilità che abbiamo nei confronti delle generazioni future e della preservazione dell’ambiente. Scopo primario della mobilità sostenibile, infatti, dovrebbe essere contenere e diminuire le conseguenze ambientali, sociali ed economici prodotte dai veicoli privati, attraverso la messa a punto di una serie di azioni, tra le quali l’incoraggiamento alla mobilità pedonale e alla mobilità ciclabile (la cosiddetta “mobilità attiva”) e alla micromobilità; il potenziamento e la razionalizzazione dei servizi di mezzi pubblici; la limitazione dell’accesso nei centri storici delle città attraverso l’imposizione di pedaggi; l’incentivo allo costruzione di veicoli meno inquinanti e meno costosi.
Un ruolo fondamentale a favore della mobilità sostenibile, scrive Maggi, può essere quindi svolto tanto da governi, istituzioni e imprese quanto dall’educazione dei cittadini. Educazione all’uso consapevole dei mezzi pubblici, alla non necessità di spostarsi con mezzi propri nelle fasce orarie in cui il traffico è più intenso e congestionato negli spazi urbani e di non usare le automobili per coprire tratti brevi, preferendo invece affidarsi al trasporto collettivo, alla bicicletta o agli spostamenti a piedi. L’impegno per una mobilità sostenibile può così rivelarsi un tassello significativo per la riforma della società e la salvaguardia della natura.
Smart Readings #4
W la CO2. Possiamo trasformare il piombo in oro? (Bologna, Il Mulino, 2021)
«Nel giro di pochi anni, quasi da un giorno all’altro, ci siamo accorti che qualcosa di definitivo è successo, o sta per succedere […] Non c’è indice che non si sia impennato: la popolazione mondiale, il DDT nel grasso dei pinguini, l’anidride carbonica nell’atmosfera, il piombo nelle nostre vene». Così recita la retrocopertina di Vizio di forma, la raccolta di racconti fantastici pubblicati da Primo Levi nel 1971. Con queste parole, Levi coglieva uno degli aspetti delle ricerche che proprio in quel periodo parte della comunità scientifica andava compiendo sull’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Questi studi ebbero almeno due meriti: da un lato, permisero di appurare che vi era un incremento del livello di anidride carbonica nell’aria; dall’altro, posero le basi per dimostrare la diretta correlazione tra questo fenomeno e l’aumento della temperatura terrestre.
La frase di Levi si trova citata nel volume W la CO2. Possiamo trasformare il piombo in oro? (Bologna, Il Mulino, 2021), in cui Gianfranco Pacchioni ci accompagna in un viaggio per conoscere da vicino questa molecola fondamentale per la vita sulla Terra, eppure letale se le sue concentrazioni nell’aria sono troppo elevate. Dalle pagine del libro di Pacchioni emerge come la “scoperta” dell’anidride carbonica si debba al fiammingo Jan Baptiste van Helmont, il quale all’inizio del Seicento le diede il nome di “gaz silvestre” poiché notò che si formava grazie all’azione degli acidi sulle ceneri delle piante. Un determinante passo in avanti nella sua comprensione si verificò più di un secolo dopo, alla metà del Settecento, quando lo scozzese Joseph Black intuì che l’anidride carbonica poteva essere prodotta sia dal calcare riscaldato sia dalla respirazione di esseri umani e animali. Si stava aprendo la strada che avrebbe condotto, a partire dai primi decenni dell’Ottocento, all’individuazione del processo di fotosintesi clorofilliana.
Rispetto a questi studi pionieristici, oggi le ricerche scientifiche hanno ampliato notevolmente le nostre conoscenze, come testimoniato dai numerosi appuntamenti che Modena Smart Life dedica all’ecologia e alla cura dell’ambiente. Queste ricerche hanno dimostrato che l’uomo, soprattutto attraverso le attività industriali, ha prodotto una quantità di anidride carbonica molto superiore rispetto a quella derivante dai fenomeni naturali e che tale accumulo risulta profondamente nocivo per gli equilibri degli ecosistemi terrestri, essendo il maggiore responsabile del riscaldamento globale. Non tutto, però, è compromesso. Tale accumulo, sottolinea infatti Pacchioni, potrebbe rivelarsi una risorsa, se fosse utilizzato favorevolmente: grazie all’idrogeno, l’anidride carbonica che abbiamo immesso nell’atmosfera potrebbe essere trasformata in combustili e materie prime. Per salvare l’ambiente, quindi, non è sufficiente limitare le emissioni di anidride carbonica, ma è necessario anche mettere a punto altre azioni virtuose che ci consentano, per quanto possibile, di rimediare agli errori del passato.
Smart Readings #5
L’energia del mondo. Geopolitica, sostenibilità, Green New Deal (Bologna, Il Mulino, 2020)
Tra i temi al centro dei lavori di Modena Smart Life 2021 vi sono senza dubbio il rapporto tra ambiente ed energia e la questione dello sviluppo di energie rinnovabili e sostenibili, in grado di soppiantare il dominio dei combustili fossili. Si tratta di problemi di lunga durata, non nuovi nella storia dell’uomo, ma che oggi hanno assunto un’importanza cruciale.
Fin dall’età moderna, infatti, il problema dell’energia – della sua produzione, della sua distribuzione e del suo consumo – ha giocato un ruolo significativo nel definire i rapporti tra le nazioni a livello mondiale, condizionando la creazione di alleanze e determinando l’esito di conflitti di portata più o meno ampia. Ai nostri giorni, di fronte ai cambiamenti climatici in atto e ai problemi di accesso dei paesi emergenti alle fonti di energia, questo ruolo è ancora più visibile e incisivo rispetto al passato, come mostra Simone Tagliapietra nel suo volume L’energia del mondo. Geopolitica, sostenibilità, Green New Deal (Bologna, Il Mulino, 2020).
Adottando una prospettiva interdisciplinare, Tagliapietra sottolinea l’importanza assunta nell’età della globalizzazione dalle politiche per la gestione dell’energia adottate dei governi e delle istituzioni in campo pubblico e privato. Tale gestione, sottolinea l’autore, dovrebbe idealmente fondarsi su almeno tre principi cardine: la sicurezza energetica, cioè la garanzia di una disponibilità di energia tale da assicurare a tutti un sostentamento adeguato ed equo; la competitività dei costi, ossia la garanzia che la popolazione di un determinato territorio possa acquistare l’energia per i propri usi a un prezzo accessibile; la sostenibilità ambientale, vale a dire la riduzione degli effetti negativi determinati dalla produzione e dal consumo dell’energia sugli ecosistemi terrestri.
Quel che è certo è che la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili potrebbe coincidere con una fase del tutto nuova negli equilibri geopolitici planetari. A tal proposito, Tagliapietra suggerisce che se il Green Deal – il piano europeo che prevede il raggiungimento dell’equilibrio tra emissioni e assorbimento di carbonio entro il 2050 – sarà ben gestito, la coesione interna dell’Unione europea, così il suo ruolo all’esterno potrebbero uscirne rafforzati e la sfida dell’energia e del clima potrebbero non essere definitivamente perdute. A patto, tuttavia, che alcune condizioni vengano rispettate. Anzitutto, è necessario puntare sull’innovazione in termini non solo di produzione di energia “pulita”, ma anche di ricerca e di investimenti nel campo della mobilità sostenibile. In secondo luogo, occorre creare le condizioni perché le aziende innovative possano agire in un mercato che si dimostri ricettivo verso i loro prodotti. Infine, è auspicabile l’esportazione di tale modello virtuoso a livello globale. Se saremo in grado di rimboccarci le maniche e lavorare in questa direzione, ci ricorda Tagliapietra, potremmo fornire una risposta efficace alla crisi climatica attuale.